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Tumori epatici, nuove speranze da studio italiano


Per i malati gravi di tumore maligno al fegato si apre una nuova speranza.
Il merito è di una pionieristica ricerca italiana sui tumori epatici, condotta dalla Fondazione Ricerca Terapie Biologiche del Cancro in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia dell'Università La Sapienza di Roma e con l'équipe dell'esperto di epatocarcinomi Tito Livraghi nell'Ospedale di Vimercate (MI).



Lo studio, durato 4 anni, ha preso in esame 154 malati gravi di carcinoma epato-cellulare, sui quali nessuna terapia, dalla chemio-embolizzazione radiante alla resezione chirurgica, aveva avuto effetto.



Ai soggetti sono state somministrate per via sublinguale tre dosi quotidiane di fattori di differenziazione delle cellule staminali allestiti a misura di paziente e di malattia. Si tratta in sostanza di una complessa miscela di proteine e micro-RNA nucleico ricavata da embrioni di vertebrati ovovivipari.



«Le cellule tumorali sono cellule indifferenziate simili alle staminali», spiega Pier Mario Biava, primario all'Ospedale Civile di Sesto S. Giovanni (MI) e direttore della Fondazione Ricerca Terapie Biologiche del Cancro, «ma che al contrario di esse subiscono una replicazione innaturale. Somministrando i fattori di differenziazione, quindi, si riportano le cellule sbandate nell'alveo della fisiologia normale, scavalcando le scoodinanti mutazioni maligne che sono alla base del cancro».



Dopo soli 6 mesi dall'inizio della sperimentazione-pilota con i fattori staminali di differenziazione sono emerse differenze talmente vantaggiose da indurre i ricercatori a interrompere il raffronto con il gruppo di controllo e sottoporre tutti i soggetti alla terapia.
Risultato: in 4 anni si sono ottenuti precisi risultati terapeutici su 1 paziente su 3, con 4 remissioni complete, 26 regressioni e 24 stabilizzazioni.
La ricerca, pubblicata a gennaio sulla rivista specialistica internazionale Oncology Research apre la strada ad una nuova terapia efficace nel carcinoma epato-cellulare in stadio intermedio-avanzato e privo di altre opzioni terapeutiche. «Per raggiungere risultati sempre migliori», ha concluso Biavia, «sono ora necessari studi verso più mirati criteri di caratterizzazione ottimale dei pazienti».
03/03/2006

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